Giuseppe Siniscalchi
L’altra metà della luna: quella che non si vede. Ecco lì c’è un WA di Giuseppe Siniscalchi che risplende intensamente. La pittura di Siniscalchi entra nel cuore come una melodia arcana, come una preghiera formata da suoni: del mare, del vento, delle fronde che si muovono, delle gocce di neve che si sciolgono, dei raggi del sole che sfavillano, fra le stelle che scintillano nella notte ma producono un’eco interiore. Tutto ciò racconta di luoghi arcani che ritornano per ricomporre l’uomo nei suoi valori più nobili e autentici. Non a caso nasce in Puglia, una terra di colori e luci intense: i blu del mare e del cielo, il rosso della terra che ipnotizza, gli odori della natura che inebriano. Ecco che alzare gli occhi al cielo e raccogliendosi nel silenzio abbassarli alla terra riporta ad un rito estatico, mai dimenticato fra l’uomo e il divino. Il sacro che trascende dal sé. Gesti antichi oggi ripetuti. Siniscalchi lo afferma, lo comprende, sa che la sua arte può dare un contributo. La sua pittura è un “mantra terapeutico” per chi riesce a fermarsi un momento e lasciarsi rischiarare dalle sue lune accese di vita: i suoi WA. E la sua pittura è così pregna di valori simbolici “a tutto tondo”, che abbraccia silenziosa anche la superficie del tergo della tela e lì vigorosa si attesta. L’altra metà della luna, quella che non si vede, ma c’è. Questo racconta Siniscalchi. Anche di ciò che non vediamo, di ciò che soggiace latente o non comprendiamo, ma che appare e si manifesta altrove. E in questa concezione di valore assoluto, si riversa la sua tela “a tuttotondo” in una sorta di contemplazione filosofica visiva, che invita lo spettatore a soffermarsi. Siniscalchi riafferma la necessità di essere aperti, “vuoti” nella concezione zen, per essere capienti, ricettivi come i bambini scevri da pregiudizi e sovrastrutture. La sua idea: “andar oltre le apparenze ed in profondità in ogni campo per riscoprire tanti valori oggi spesso trascurati nel vortice della routine quotidiana, per una maggior integrazione interculturale tra persone di diversi paesi quale base di conoscenza imprescindibile per la pace, valore assoluto” e incalza “occorre considerare che la maggior parte delle cose – così come molte energie e beni immateriali – sono invisibili all’occhio umano…” Nel luglio 2014 Siniscalchi pubblica il decalogo di un nuovo movimento artistico-culturale-filosofico che lui stesso promuove. Nasce il Fronteversismo: l’altra metà della luna, quella che non si vede, che risplende altrove. La pittura sulla parte frontale della tela, che appare visibile allo spettatore, si completa con l’invisibile che è rappresentato nel tergo del dipinto. Potrei dire che lo abbiano fortemente influenzato Mutsue Sekihara, la sua armoniosa sposa giapponese e l’amico maestro scultore Kengiro Azuma, che fra i primi sottoscrive il manifesto fronteversista condividendone i temi. Tuttavia già da bambino Siniscalchi, portava “il gene” della sua filosofia. Bambino sondava i temi nodali dell’esistenza umana – la guerra, la pace, l’amore, la famiglia, e concetti più complessi come “L’equilibrio precario dell’accumulo” – imprimendo già le prime orme al suo operare nel fronte e verso dei supporti, ricercando quella spazialità che è più incline agli scultori. Temi esistenziali forse esplorati da tutti i bambini che hanno a cuore in modo innato, nella loro fresca autenticità, ciò che realmente conta. Alcuni episodi dell’infanzia di Siniscalchi mi hanno incuriosita e ho intuito fosse necessario seguire a ritroso il fil rouge del suo vissuto per comprendere compiutamente il suo messaggio artistico. In un disegno infantile: ”I numeri” Siniscalchi disegna su di un lato del foglio dei numeri e sul retro altri mancanti, ritrovando solo in una lettura fronte-verso la totalità dell’insieme. Dapprima quindi lo incoraggiai ad approfondire la sua sfera infantile e poi mi ritrovai ad osservare il suo ossessivo desiderio di ritrovar se stesso, andando a ritroso fino ai suoi primi passi, per scivolare ancor prima, a memorie antiche, riscoprendo infine l’ “uomo di ogni dove”, indugiando nei suoi aspetti primordiali e forse ancor prima quando l’umanità tutta fluttuava nel ventre dell’universo in quella “materia oscura” o “divina”, che è cara fonte di ispirazione e di indagine di scienziati quanto artisti e ri-cercatori di fede. In quest’opera omnia di Siniscalchi c’è quindi anche il primo seme del suo linguaggio, in un viaggio che parte dal primo uomo, che alzava gli occhi al Cielo e scavava la terra con le mani forti.
Come in un cantiere cercherò di raccontare questa impresa, mostrando le foto dalle fondamenta.
Tutto ebbe inizio nel giugno del 2013 da una conversazione di lavoro con l’avvocato Giuseppe Siniscalchi al quale chiesi collaborazione per un evento interreligioso da organizzare al Museo Leonardo da Vinci. Ogni tanto lo incontravo: un austero avvocato sempre in completo grigio. Pacato. Rispettoso. Mesi dopo, approfondendo la conoscenza, potei ravvisare una profonda similitudine con lo stesso contegno solenne della cultura giapponese. Mi parlò casualmente del suo interesse per l’arte, mostrandomi su l’iPhone i suoi dipinti. Riconobbi immediatamente l’enorme potenzialità espressiva e lo incoraggiai a dipingere per esprimere il suo talento. E Giuseppe si chinò sulle sue tele e dipinse, generosamente, ebbro della sua stessa arte. Era come se la sua energia esplodesse in coincidenza anche della dolce attesa di Mutsue. Nel percorso della vita le nostre amicizie s’intrecciarono piacevolmente. Ne nacquero progetti comuni. L’artista in lui divenne prepotentemente manifesto. Natale 2013 Siniscalchi sorprende gli amici con un calendario 2014 realizzato con le immagini tratte dalle sue tele. Un dono che si rivelò determinante per elaborare l’idea di pubblicare un catalogo. Non fu semplice ricavare il giusto tempo per il confezionamento di questo volume, che nasce col mio intento di presentare le opere esplicitandone il profondo messaggio religioso in esse sotteso, in perfetta armonia fra Oriente ed Occidente. La sua Musa: Mutsue. Idealizzata, quanto solidamente presente. Silenziosa e tenace lo affianca, organizzando fra l’altro per lui un corso di pittura in una scuola statale in Giappone. Settimana dopo settimana ripercorsi la vita di Siniscalchi dai suoi primi anni di vita: mi mostrò le foto, i disegni ritrovati nei cassettoni di famiglia, i quaderni delle elementari dimenticati nelle soffitte. La sua personale ricerca divenne sempre più totale e trepidante. Volle anche ritrovare la sua maestra di scuola ormai anziana, che lo riconobbe. Per Siniscalchi la sua dimensione infantile divenne imprescindibile e doveva essere collocata quasi prioritariamente nel catalogo. Così come una farfalla non può prescindere dalla sua crisalide, così come la primavera deve tutto all’inverno. Non fu immediato per me ricomporre la narrazione cercando di ridarne il significato. Numerosi gli spostamenti a Corbetta allo splendido Atelier di Giuliano Grittini, dove, come in un cantiere, giorno dopo giorno, il catalogo prendeva forma. Passò un anno di lavoro intenso; il messaggio di Siniscalchi si fece maturo e si rivelò chiaro nel Manifesto del Fronteversismo. L’intervento del M° Philippe Daverio accrebbe in tutti noi un grande entusiasmo. Infine anche dal Giappone arrivò un prezioso contributo nello scritto del M° Shinji Kobayashi. L’opera mi parve a quel punto compiuta. Il mio ringraziamento più vivo agli amici che hanno redatto i contributi critici e per tutte le manifestazioni di apprezzamento che giungono da tutto il mondo. Un grazie particolare al Professore Emerito Guido Calabresi che ci ha inviato il suo ‘the sum greater than its parts’ dagli Stati Uniti d’America.
Buon viaggio!